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Numero
Dicembre

Benvenuti!
Questa è la sezione di cultura del numero di dicembre!

Babbo Natale, se vi dicessi che è reale?

Conosciamo molto bene la storia di Babbo Natale, questo simpatico signore dalla barba lunga e canuta, goloso di latte e biscotti che nella notte della vigilia porta doni a tutti i bambini buoni del mondo grazie all’aiuto delle sue fidate renne. Ma ci siamo mai chiesti chi sia davvero questo iconico personaggio?  Intorno all’anno 300, nella città di Myra (attuale Demre, in Turchia) viveva un vescovo di nome Nicola. Su di lui sappiamo solo che venne perseguitato dall’imperatore Diocleziano a causa della sua attività apostolica, morirà il 6 dicembre del 343. Il suo culto si diffonde subito in occidente, diventando nel medioevo uno dei santi più venerati. La sua ricorrenza è il 6 dicembre, giorno in cui si commemorava questo personaggio con lo scambio di doni, usanza che è ancora in auge in Paesi Bassi, Germania, Austria e alcune zone dell’Italia. Nella sua ascesa dovrà fare i conti e poi sovrastare la figura del Joulupukki, cosa non da poco, considerato che questo essere trova le sue radici in epoca precristiana. Nel corso dei secoli per adattarsi ai folklori locali assume diverse forme, da noi è conosciuto come Krampus, demone dalle lunga corna ritorte di origine finlandese, che nella notte del solstizio d’inverno porta doni ai bambini buoni e frusta a sangue quelli cattivi. Ma com’è possibile che questo questo vescovo sia stato così influente da divenire immediatamente dopo la sua morte santo e oggetto di culto?  Molte sono leggende nate intorno la sua figura, tra tutte ne ricordiamo due in particolare: secondo la prima, San Nicola viene a sapere di un nobile caduto in miseria che, imbarazzato dello stato di povertà della sua famiglia, decise di far prostituire le tre figlie. Il santo è deciso ad aiutarlo, ma per non offendere l’uomo lo fa di nascosto. In tre notti fa cadere nell’abitazione del povero sventurato, passando prima per la finestra e poi per il camino, tre palle d’oro. Grazie a quelle le ragazze erano salve dall’umiliazione e potevano anche permettersi una dote. Nella seconda storia, decisamente più truce della precedente, una notte tre ragazzi chiedono ospitalità in una locanda, trovando una calda accoglienza da parte dell’oste e della moglie. Questi, con una scusa, attirano i giovani in dispensa, dove li fanno a pezzi e li immergono in un barile di salamoia. Poco dopo a bussare alla loro porta è San Nicola, che viene fatto accomodare e ordina un piatto di carne. Davanti all’esitazione della coppia si fa portare in dispensa, dove con una preghiera resuscita i tre ragazzi.  I primi festeggiamenti del giorno di San Nicola risalgono all’undicesimo secolo, quando un gruppo di suore di un convento a sud della Francia, prendendo spunto da queste leggende, la notte del 5 dicembre fanno visita alle case di alcuni bambini bisognosi per lasciare anonimamente dei doni. Quest’iniziativa in poco tempo si diffonde prima in tutti i conventi all’interno della Francia, poi anche fuori, e così san Nicola diventa colui che porta doni nella notte del 5 dicembre.  Raggiungerà l’apice della sua popolarità intorno al sedicesimo secolo, proprio quando la riforma protestante travolge l’Europa, il culto dei santi viene abolito (perché come spiegato dall’antropologo Duccio Canestrini è considerato un culto politeistico vero e proprio e mette in crisi la struttura del dogma cattolico, trovatosi altre volte nella sua storia in una posizione di contrasto con altre feste in prossimità del periodo natalizio, a causa delle convivenza di elementi religiosi come la nascita di Gesù e i soverchi festeggiamenti pagani), nel giro di poco tempo il culto del santo scompare quasi del tutto, sopravvisse nei Paesi Bassi (sotto il nome di Sinterklaas) dove alcune famiglie continuarono la tradizione rischiando rigide punizioni.  L’adorazione di questa figura viene portata dai colonizzatori olandesi a New Amsterdam (l’odierna New York), di questo ne narra per la prima volta lo scrittore umoristico americano Washington Irving, nel suo “A History of New York by Diedrich Knickerbocker” (1809), dove la notte del 5 dicembre la statua di Sinterklaas posta sulla prua delle navi olandesi si anima e porta doni ai bambini buoni.  Per assistere però alla nascita vera e propria di Babbo Natale dobbiamo spostarci nella New York della vigilia di Natale del 1822, quando Clement Clarke Moore scrive la poesia “The Night Before Christmas”, nella quale compare un elfo piccolo e grassottello di nome Santa Claus che nella notte del 24 dicembre, a bordo della sua slitta in miniatura trainata da renne, riempie le calze dei bambini di doni, passando con il sacco in cui li contiene per i camini della loro case.  Nonostante la sua crescente nomea, gli illustratori non hanno ancora ben chiaro come raffigurarlo. A mettere tutti d’accordo è stato Thomas Nast, che nel 1863 pubblica la prima illustrazione di Santa Claus come oggi lo conosciamo: un signore dalla pancia sporgente, aria bonaria, barba e capelli bianchi, vestito con un lungo cappotto con gli orli di pelliccia.  A rendere celebre Babbo Natale in tutto il mondo è stata la Coca-Cola che affidò al fumettista Haddon Sundblom la creazione della campagna pubblicitaria natalizia del 1931. Utilizzò come testimonial proprio il panciuto omone di Nast, ridisegnando il suo volto prendendo spunto da quello del suo anziano vicino, un postino in pensione molto amato dai bambini del quartiere, e vestendolo di rosso e bianco che caratterizzano il brand di bibite gassate.  Dobbiamo quindi ringraziare l’enorme successo di questa trovata pubblicitaria e tutti gli avvenimenti che hanno portato alla sua creazione se Babbo Natale è diventato uno dei personaggi di fantasia più conosciuti al mondo, tanto da essere oggi, come spiega Duccio Canestrini, “il protagonista di una narrazione collettiva di cui tutti facciamo parte in differenti momenti della vita e con ruoli altrettanto diversi. Da bambini crediamo nell’esistenza di un signore panciuto, che conosce i nostri desideri, e riesce a fare il giro del mondo in una notte a bordo di una slitta volante; da adulti poi raccontiamo la stessa storia ai nostri figli. Ad un certo punto però arriva il momento per ogni genitore di rivelare ai propri figli che Babbo Natale non esiste: è una rivelazione che dal punto di vista antropologico ha tutti i connotati di un rito di passaggio come ormai ne esistono pochi nella nostra società.” Conclude Canestrini: “ Alla fine, non possiamo dire che Babbo Natale non esista, esiste come tutte le figure del nostro immaginario, perché l'immaginario è reale”.

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Andrea Merlo, 4^A LSI

Natale al Sud

Quando pensiamo al Natale, lo associamo al freddo, alla neve e al calore del camino, ma avete mai pensato ad un luogo dove si festeggia in un contesto completamente diverso? Gramado, affascinante city montana in Brasile, offre un'esperienza natalizia unica, dove la stupenda magia del Natale è accompagnata dal caldo tropicale. Gramado è situata nella regione meridionale del Brasile, circondata da paesaggi mozzafiato. Durante il periodo natalizio, la città si trasforma in un vero e proprio paradiso, con luci e decorazioni che riempiono le strade, creando un'atmosfera magica e unica. Una delleprincipali attrazioni del Natale a Gramado è il famoso "Natal Luz", un festival che attira visitatori da tutto il Brasile e non solo. Durante questo festival, la città si riempie con migliaia di luci colorate che , trasformano do le strade in un meraviglioso spettacolo di scintille e colori. Gli edifici sono decorati con eleganti decorazioni natalizie, creando un'atmosfera che incanta grandi e piccoli. Durante il "Natal Luz”, Gramado offre anche spettacoli teatrali e musicali. Gramado offre anche spettacoli teatrali e musicali. Le piazze della città si animano con artisti di strada che intrattengono il pubblico con performance coinvolgenti. Ci si immerge nell'arte e nella cultura brasiliana, mentre ci si lascia trasportare dall'atmosfera festosa del Natale. Un'altra tradizione natalizia unica di Gramado è il "Korvatunturi", uno spettacolo che racconta la storia di Babbo Natale e dei suoi elfi. Questo spettacolo unisce teatro, danza e musica in un musical emozionante per le famiglie. Gli spettatori possono incontrare Babbo Natale e gli elfi, immergendosi totalmente nello spirito natalizio. Durante il Natale a Gramado, è possibile visitare il "Villaggio di Natale". Questo villaggio è una replica di un classico villaggio natalizio, con casette in legno, negozi di regali e delizie culinarie. I visitatori possono fare shopping, acquistare souvenir natalizi e gustare prelibatezze locali come il "chocolate quente" (cioccolata calda) e vari dolci tradizionali brasiliani. Il Natale a Gramado dàa anche la possibilità di sperimentare una varietà di piatti tipici. I visitatori possono assaggiare specialità locali come il "churrasco", il barbecue brasiliano, i dolci a base di cocco e l’ "arroz carreteiro", riso al vapore con carne secca. In conclusione Il Natale a Gramado è un'esperienza indimenticabile che unisce il caldo tropicale con la magie del Natale, incantando i visitatori con luci, tradizioni e piatti unici.

Maddalena Persello
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Una giovane promessa sciistica friulana 

La stagione invernale è ormai alle porte e quale sport ci permette di inaugurare questo clima fresco e natalizi al meglio dello scii? All’interno dell’Uccellis, nella 3ªCLSU abbiamo una giovane campionessa, che pratica sci agonistico da quando ha sette anni, si chiama Gaia Pezzetta e oggi è qui con noi per parlarci della sua più grande passione.  Allora Gaia, raccontaci un po’ com’è nata la tua passione per lo sci:  “Colgo l’occasione per ringraziare tutta la redazione del giornalino e per l’opportunità che mi è stata data di poter parlare dello sci agonistico. La mia passione è nata grazie ai miei genitori, che all’età di tre anni mi hanno messa sui miei primi sci. A sei anni, mi è stato chiesto dai miei istruttori  se mi sarebbe piaciuto  passare all’agonismo e da lì è iniziato tutto.” L’amore per questo sport è sbocciato già in tenera età insomma! Ora che sei cresciuta e hai più libertà ma anche più impegni, come fai a gestire al meglio il tuo tempo? “Chi fa sport a livello agonistico, ha sempre un piano personalizzato che viene concordato con la scuola, in modo da poter bilanciare gli impegni della vita quotidiana con allenamenti e gare. Per esperienza personale, posso dire che non ho mai riscontrato difficoltà, anzi, se sono arrivata al terzo anno senza essere stata bocciata evidentemente sono stata capace di organizzarmi bene.” Un ottimo lavoro. Si dice che questa disciplina regali emozioni uniche quando la si pratica, come ti senti? "Provo un senso di libertà e leggerezza che mi fa stare bene, quasi come fosse la mia personale medicina al malumore, per me sciare è una sorta di sfogo che mi rende felice e mi procura soddisfazione, soprattutto quando raggiungo i risultati desiderati.” Ma dimmi un po’ Gaia, per fare tutto ciò quanto ti alleni e soprattutto dove: “Io mi alleno sedici ore alla settimana a Forni di Sopra, più intensamente nei mesi di dicembre e gennaio, in coincidenza con le vacanze natalizie, finiti gli allenamenti mi concentro fino a marzo nel disputare le gare. D’estate, invece, ci alleniamo in Austria ad Hintertux e Capron.” Immagino che tutto questo richieda un impegno notevole! Vorrei concludere quest’intervista chiedendoti che spazio si ritaglia la donna in questo sport. “Molte sono quelle che hanno indotto campagne oltre a incoraggiare più ragazze a praticare lo sci, entrare in ruoli di leadership nel settore e rompere gli stereotipi di genere che purtroppo esistono tuttora. Inoltre, numerose sono anche istruttrici abilissime ed esperte guide in montagna.” In Italia abbiamo grandi campionesse che fanno da esempio per tutte le donne che praticano questo sport:  mi vengono in mente Federica Brignone, Sofia Goggia e Nadia Fanchini su tutte.” Non ci resta che augurare il meglio a Gaia per questa stagione e ringraziarla per la sua disponibilità!

Valentina Boem 3^C LSU

Die Zauberflöte

Un’opera magica a teatro

Molti sono gli applausi a conclusione della rappresentazione di Die Zauberflöte, il 9 dicembre al Teatro Verdi di Trieste. Lo spettacolo, ispirato alle esotiche storie del libro Le mille e una notte, ha riscontrato la piena approvazione del pubblico, grazie allo splendore dei costumi e l'ambientazione fiabesca, nonché al talento della compagnia. Il flauto magico (titolo originale Die Zauberflöte), K 620, è un celebre Singspiel di Wolfgang Amadeus Mozart, musicato nel 1791. L’opera lirica, in lingua tedesca, è suddivisa in due atti, su libretto di Emanuel Schikaneder, librettista ma anche cantante librettista ma anche cantante teatrale (interpretò il personaggio di Papageno). La prima rappresentazione dell’opera avvenne al Theater auf der Wieden di Vienna il 30 settembre 1791, diretta dallo stesso compositore. Anche se i giornali non diedero risalto all’avvenimento, durante le repliche successive il successo dell’opera crebbe notevolmente e conquistò gli animi del pubblico. L’opera infatti fu un così grande successo che risollevò lo spirito di Mozart, il quale, essendo ammalato da qualche tempo, era piuttosto depresso. Furono gli ultimi suoi momenti di felicità prima di morire. “Il flauto magico” era un’opera scritta per piacere ad un pubblico più vasto possibile, attingendo alle tradizioni del teatro popolare viennese che proponeva, ad esempio nelle scene per Papageno, un tipo di amore semplice ed un po’ buffonesco. L’opera è in forma di Singspiel, una forma popolare tedesca che includeva accanto al canto anche dialoghi parlati; aveva origine dall’iniziativa di commedianti tedeschi che inserivano, all’interno dell’opera musicale, sia canzoni popolari, sia concertati e arie di opere. Questa forma nacque a Vienna e poi si diffuse poi anche in Germania. Viene considerata un’opera massonica, per esempio ricorre frequentemente il numero tre, il numero sacro per la massoneria, associazione su base iniziatica, esoterica e di fratellanza. La storia, che si svolge in un antico Egitto immaginario, è caratterizzata da un'alternanza di riferimenti al giorno e alla notte: la trama si sviluppa progressivamente dalle tenebre dell'inganno, rappresentate dalla Regina della Notte Astrifiammante, per poi giungere alla luce della sapienza solare, raffigurata dal personaggio di Sarastro, alla quale corrisponde un capovolgimento di prospettiva nel ruolo dei buoni e dei malvagi. L’opera vuole insegnare che non ci si deve fidare solamente delle apparenze e che spesso la verità è nascosta: come dice il proverbio non è sempre oro ciò che brilla, e talvolta quello che ci sembra essere dalla parte del bene si rivela il completo opposto, o viceversa. Ma alla fine della storia potrà questa verità venire a galla e, cosa più importante, riuscirà il bene a trionfare sul male? Die Zauberflöte è stata rappresentata al teatro Verdi di Trieste dal 7 al 17 dicembre in versione integrale e con i dialoghi tradotti in italiano dal librettista Stefano Simone Pintor. Questa scelta è stata fatta per rendere la comprensione dell'opera chiara e scorrevole a tutti gli spettatori. In più sono stati riportati, durante le esecuzioni liriche, anche i sopratitoli in italiano e inglese, in modo tale da agevolare ancora di più la lettura dello spettacolo.  La regia di Ivan Stefanutti, al quale si devono anche icostumi, consente una gradevole godibilità dell’opera mozartiana. Inoltre, il cast è guidato dalla popolare direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, nota per il suo amore per Mozart, grande divulgatrice e icona di un nuovo modo di fare musica, come anche una tra le pochissime donne a praticare questa professione in Italia.  In particolar modo mi ha affascinato l’esecuzione della famosissima aria del secondo atto “Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen“ della Regina della Notte, eseguita dal soprano svizzero Nicole Wacker; la regina, mossa dalla rabbia vendicativa, intima alla figlia di uccidere Sarastro. Rinomata per la sua difficoltà, l'aria coinvolge in maniera eccezionale il registro del soprano, per questo è accessibile solo a voci estremamente qualificate. Molto carismatico è stato anche il personaggio di Papageno, interpretato da Vincenzo Nizzardo,  le sfumature moderne e le battute spiritose, l'hanno reso più vicino al pubblico, suscitando spesso il divertimento collettivo e smorzando la serietà dell’opera. Ho trovato questa rappresentazione di una bellezza particolare, per il modo innovativo e coinvolgente con cui è stata messa in scena e che l’ha resa, un'esperienza magica. DIE HANDLUNG Prinz Tamino wird von der Königin der Nacht beauftragt, seine Tochter Pamina, in die er verliebt ist, aus Sarastros Fängen zu retten. So macht sich Tamino gemeinsam mit dem lustigen Vogelfänger Papageno auf den Weg zu seiner Mission. Als er die drei Tempel erreicht, wird er von einem Priester konfrontiert, der ein anderes Bild von Sarastro beschreibt, als es die Königin der Nacht gemalt hat, was Tamino verwirrt. Um Pamina zu retten, muss sich der Prinz zusammen mit seinem treuen Gefährten gefährlichen Ereignissen und schwierigen Prüfungen stellen, um sich zu reinigen.

Eva Manti, 3^A LCE
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Del resto, siamo un po’ tutti dei piccoli Truman …

Dinamico, divertente e travolgente, “The Truman show” è un film che non passa mai di moda.  Per chi non lo conoscesse, il simpatico e solare Truman Burbank nasce ripreso da una telecamera e cresce in un grandissimo set cinematografico. Tutto ciò che c'è intorno a lui è finto: le case, la polizia, persino l'acqua del mare è fasulla e le persone sono tutti attori o comparse.  Sopra tutti c'è Christof, il produttore che gestisce la vita del poveretto. Lo show diventa il più seguito programma televisivo di tutto il mondo e Truman è, senza saperlo, la star di tutti i tempi.  Dopo un po ', però, il protagonista inizia a insospettirsi di alcune stranezze e falle del set, capisce il trucco e cerca in tutti i modi di evadere dall’isola.  I dettagli non posso certo svelarveli io… che divertimento c’è a vedere un film di cui si conosce già tutto?  Analizziamo piuttosto il messaggio che questo emozionante film vuole trasmettere. “The Truman show” critica apertamente una società che cerca conforto e distrazione nelle vite altrui, società che assomiglia sempre di più a quella attuale. Parla del coraggio di un singolo, in grado di sbarazzarsi dei limiti imposti e che vuole spingersi verso l’ignoto che, nonostante sia angosciante, è sicuramente reale. È un invito a coltivare sogni, affrontare paure, provare emozioni e non accontentarsi mai. Ecco, da questo punto di vista mi viene da pensare che siamo un po’ tutti come Truman. Prima o poi, iniziamo a non bastarci e a sentire che il mondo non ci  basta più. Forse è più facile spiegare questo concetto con un esempio: da bambini, incapaci di pensare e procurarsi ciò di cui abbiamo bisogno,  veniamo serviti e riveriti costantemente, fino a quando non arriviamo ad un’età in cui possiamo iniziare a fare certe cose da soli ed è da qui che parte il desiderio di indipendenza: da piccoli pargoli bisognosi di attenzioni diventiamo soldati armati di curiosità con la voglia di essere liberi, di sentirsi grandi e di cercare la verità. Metaforicamente, queste emozioni iniziano a mostrarsi anche dentro Truman. D’altra parte è importante riconoscere che, per le persone intorno a noi , possiamo acquisire nel corso della vita, le forme di altri personaggi del film… insomma, che gusto ci sarebbe a essere solo i buoni della storia? Per alcuni saremo solo delle comparse, persone di poco conto da salutare solo con un cenno per strada, per altri assumeremo le sembianze di attori, amici con cui condividere esperienze o amici di cui poi ci si rende conto non aver mai avuto realmente bisogno. O ancora peggio, potremmo essere i Christof, dei manipolatori della vita di qualcuno oppure ancora la Silvia di Truman, l’unica in grado di farlo sorridere e innamorare veramente. Per quanto questo discorso possa sembrare un paradosso, da umani quali siamo è giusto capire che non saremo mai le star della vita di tutti e che, per quanti antagonisti o comparse incontreremo, l’importante è essere protagonisti della nostra vita, facendo come Truman e andando oltre i limiti che ci vengono imposti.

Sofia Sartori, 3^A LCE 
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Protein Folding in Cells
In a Nutshell

Did you know that hundreds of your body’s cells are currently producing proteins that are allowing you to read these very words? Proteins are helping your eyes detect the light bouncing off the paper, but this is simply one of the many uses they provide to the human body. How exactly do these proteins form and what happens when they are created in the wrong way? Protein synthesis is the process by which proteins are created. It starts with DNA in the nucleus. DNA is the blueprint of life and “decides” what protein the cell needs to create. How exactly does it do this? An enzyme (RNA Polymerase) opens the double helix structure where the information needed to make the necessary protein is stored. Then RNA, a single-stranded nucleic acid similar to DNA, is bonded to this open strand of DNA. This RNA is removed and becomes mRNA (messengerRNA). This step of the process is known as transcription. The mRNA then moves out of the and into the cytoplasm until it reaches and latches onto a ribosome, which is a protein factory of sorts made of rRNA (ribosomalRNA). The ribosome then produces the proteins requested by the mRNA through the process of translation. The ribosome puts together amino acids, the monomers (building block) of proteins, carried to it by tRNA molecules floating around in the cytoplasm. But how are amino acids brought in the right order?  Since RNA is a single-stranded molecule, one tRNA strand will be formed by single nucleotides which will have bases complementary to those of the mRNA strand. The mRNA has codons, sequences of three nucleotides, and the tRNA has anticodons, again sequences of three nucleotides each. Every codon has a corresponding anticodon and each anticodon carries one specific amino acid. Because of this, the tRNA strand carrying the amino acids needed for one specific protein bonds to the mRNA in the correct way. The tRNA eventually falls off the mRNA and only an amino acid sequence is left. All of the different amino acids left by the tRNA are held together by peptide bonds. The protein requested by the DNA is now finished, but it still doesn’t have functionality. The last step in protein synthesis is protein folding, which gives utility to the protein through shape. Protein folding is the process by which the polypeptide chain of all the different amino acids folds and shapes into a three-dimensional structure. Each kind of protein has a distinct shape made of one or more folded polypeptide chains. How does this polypeptide chain actually move and fold? To understand how and why these chains move we need to take a closer look at what an amino acid actually is. Amino acids are molecules with three distinct groups: the amino group (on the left side of the diagram above), the carboxyl group (on the right), and the R group (in the centre). When forming a peptide bond with another amino acid, the carboxyl group of one forms a covalent bond (non-metal bond) with the amino group of the other. This reaction bonds the two molecules and produces a water molecule as a byproduct (H2O highlighted in red below). Coming back to protein folding, polypeptide chains fold into complex and three-dimensional shapes by going through four structures. The primary structure is the polypeptide chain of amino acids itself. The secondary structure of the protein can either be an α-helix (alpha-helix) or a β-pleated sheet (beta-pleated sheet).  α-helices are a conformation (the result of the movement of atoms without the breaking of bonds) of a polypeptide chain that coiled up into a spring-like structure. The structure has a turn every 3.6 amino acids and that is because of hydrogen bonds: the N-H bond of the bottom amino acid is hydrogen bonded with the C=O bond of the amino acid above it in the helix (indicated in the diagram below as red dotted lines between the atoms). All the N-H groups point upwards towards what is called the N-Terminus and all the C=O groups point down towards the C-Terminus. This gives the polypeptide chain polarity: the C-Terminus is partially positive and the N-Terminus partially negative. β-pleated sheets form when two or more polypeptide chains form interconnected hydrogen bonds between each other (the α-helix forms interconnected hydrogen bonds). They can be formed by parallel (below on the left) or antiparallel chains (below on the right). In β-pleated sheets, the amino acid chain remains non-polar. A polypeptide chain can form in both α-helices and β-pleated sheets throughout its length. These structures are then moved by a variety of reactions, but one of the main ones is hydrophobic and hydrophilic interaction. Non-polar amino acids, such as those in β-pleated sheets, tend to be hydrophobic, which means they are repelled by water, while polar amino acids, such as those in α-helices, are hydrophilic and are therefore attracted to water. Since proteins are formed in the cytoplasm, a substance formed by water as well, amongst other things, the non-polar segments of the polypeptide chain are naturally pushed towards each other in the centre, away from water molecules generated by the peptide bonds and found in the cytoplasm, and the polar segments are pulled towards the outside of the structure, interacting with water. The R-group or side group of amino acids varies, determining their characteristics and reactive properties. These complex shapes of different conformations of the initial polypeptide chain are tertiary structures. Quaternary structures are the combination of two or more of these tertiary termed subunits. The proteins are now functional and can serve their purpose inside and outside the cell by helping your body do basically everything it needs to do.  However, this is not always the case. Sometimes a protein can misfold and its functionality is altered or deprived. The cell usually helps it refold properly, but in some cases, especially during old age, the protein isn’t helped and these misfolded proteins slowly accumulate. This is particularly dangerous as these proteins are often toxic and harmful and can interact with other proteins of the same type to make them misfold as well. The cell has many mechanisms that work against the misfolding of proteins such as chaperones. Molecular chaperones are proteins that are made with the purpose of helping other proteins to form. They offer a favourable environment for proteins to fold inside their structure. Chaperones also go around new proteins to prevent unwanted interactions that may cause misfolding. When a protein does misfold and become toxic, it often leads to the accumulation of toxic proteins and sometimes to the intoxication of more cells. Recent studies also have shown that these toxic proteins can infect other cells by moving around and interacting with proteins present within those. This accumulation of toxicity leads to many diseases, which vary depending on where these proteins form.  An example of this is what happens when proteins misfold in the brain. Toxic proteins that accumulate in brain cells have been found to be the main cause of Alzheimer’s, Parkinson’s, and Huntington’s diseases. It overall leads to neuron decay, loss of memory, muscle dysfunction, cognitive deterioration, dementia, and changes in behaviour. Research is still very active and the understanding of the movement of these toxic proteins is crucial to curing and preventing these diseases.

Vittorio Milan 2^ALSI
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